3 interessanti benefici ambientali della cannabis sativa

Come una delle piante più discusse di sempre potrebbe rappresentare una risorsa per un futuro più green

Di fronte a un titolo del genere il lettore potrebbe facilmente chiedersi quale attinenza possa mai esserci tra la cannabis e la sostenibilità ambientale. Una domanda lecita, specialmente dal momento che in Italia questa pianta viene ancora molto spesso (forse troppo spesso) considerata come una sostanza da cui tenersi alla larga in qualsiasi caso.

Certo, non si tratta di un’opinione condivisa da chiunque: con il tempo è aumentato costantemente il numero di coloro che si sono avvicinati a questo mondo per vari motivi. C’è chi è stato mosso da una semplice e sana curiosità. O chi, già interessato al settore, ha potuto soddisfare la propria passione grazie allo sdoganamento di tutta una serie di articoli legati alla cannabis, in seguito al quale ora si può parlare un po’ più apertamente di argomenti un tempo tabù, come le proprietà della pianta, gli effetti delle sostanze contenute in essa oppure le caratteristiche dei semi autofiorenti e di altri tipici prodotti del settore venduti dai principali operatori italiani come Sensoryseeds.

Ciononostante, è indubbio che ancora oggi vengano ignorati numerosi aspetti della cannabis che esulano da quelli evidenziati dalla narrativa comune. Tra questi, uno dei più stimolanti è, per l’appunto, il suo possibile utilizzo come strumento di supporto per un futuro più green.

Nel seguente articolo illustreremo 3 delle più interessanti modalità d’uso della pianta in favore dell’ambiente.

Il fitorisanamento dei terreni contaminati attraverso la cannabis

La bonifica dei terreni inquinati rappresenta una delle sfide ambientali più pressanti dell’era moderna. In questo contesto, emerge un attore inaspettato ma efficace: la cannabis sativa. Questa pianta, attraverso processi naturali di fitorisanamento, offre un approccio innovativo e sostenibile alla purificazione dei terreni contaminati.

Questo termine, ‘fitorisanamento’, indica un processo ecologico attraverso il quale le piante rimuovono sostanze inquinanti dal suolo. La canapa, in particolare, ha dimostrato notevoli capacità di assorbire e metabolizzare metalli pesanti (particolarmente tossici per l’organismo umano) e altre sostanze presenti nel terreno attraverso le proprie radici, che agiscono come un filtro naturale, attraendo e immobilizzando contaminanti come piombo, cadmio e zinco. Questo processo non solo purifica il terreno, ma impedisce anche la trasmissione di sostanze nocive alla catena alimentare​.

L’efficacia della canapa nella bonifica tramite fitorisanamento è stata dimostrata in numerosi casi. Uno degli esempi più noti è quello di Chernobyl, dove è stata testata nella riduzione della contaminazione radioattiva nel suolo. Altri esempi includono la sua applicazione in aree minerarie in Sudafrica e in terreni inquinati in diverse regioni italiane, come la Campania e la Puglia.

In tutti questi casi la canapa non solo ha contribuito a ridurre il livello di tossicità dei suoli, ma ha anche preparato il terreno per un successivo riutilizzo agricolo o edilizio, dimostrando il suo potenziale come strumento di recupero ambientale​.

Bioplastiche vs plastiche: un’alternativa green a uno dei materiali più inquinanti in assoluto

La crisi ambientale causata dalla plastica è una delle maggiori sfide del nostro tempo. Ogni anno milioni di tonnellate di plastica invadono oceani e terreni, causando gravissimi danni agli ecosistemi.

Strano, ma vero, la cannabis potrebbe ricoprire un ruolo anche nell’arginamento di questo fenomeno.

La canapa, infatti, offre un’alternativa ecologica nella produzione di bioplastiche, le quali, a differenza di quelle convenzionali, derivate dal petrolio, risultano completamente biodegradabili, riducendo così l’impatto ambientale.

Alcune fonti, peraltro, sostengono che la bioplastica di canapa possegga caratteristiche meccaniche superiori, essendo fino a cinque volte più rigida del polipropilene e 2,5 volte più resistente. Inoltre, si decompone in un periodo compreso tra 3 e 6 mesi, a differenza della plastica tradizionale che può impiegare decenni​.

La produzione di bioplastica di canapa rappresenta una svolta significativa nella riduzione dell’inquinamento anche per un’altra interessante caratteristica: durante la decomposizione, la non emette CO2, a differenza della plastica tradizionale che, nel corso del suo lentissimo processo di degradazione, rilascia gas serra dannosi. Questo aspetto è fondamentale, considerando che la produzione globale di plastica è in costante aumento e che solo una frazione di essa viene riciclata.

Il potenziale della canapa nell’industria tessile

Il settore tessile, uno dei più inquinanti e ad alto consumo di risorse al mondo, è alla costante ricerca di alternative sostenibili, specialmente adesso che il problema ambientale è più caldo che mai

La fibra di canapa, con la sua straordinaria resistenza, lunghezza e assorbenza, si presenta come una valida alternativa al cotone, il materiale più utilizzato nell’industria della moda. La coltivazione di quest’ultimo, infatti, richiede un notevole utilizzo di risorse idriche e pesticidi, posizionandolo tra le colture più impattanti sull’ambiente. Per questo motivo, nonostante sia di gran lunga la fibra più utilizzata per la produzione di prodotti tessili, non rappresenta di certo la soluzione ideale per il futuro del nostro pianeta.

In netto contrasto con il cotone, la canapa richiede circa la metà dell’acqua necessaria e può essere coltivata senza l’uso di pesticidi, fitofarmaci o diserbanti, rendendola notevolmente più sostenibile​ nel breve e nel lungo periodo.

L’uso di questa pianta nel settore tessile, inoltre, non si limita a ridurre l’impatto ambientale, ma offre dei benefici anche al livello economico. Essa può essere coltivata in una varietà di climi e suoli, riducendo la necessità di terreni fertili e costosi e, per di più, può essere utilizzata come materia prima per il tessile quasi interamente, dalla radice alla cima, riducendo i rifiuti e massimizzando l’efficienza della produzione.

In conclusione

La cannabis sativa potrebbe essere una soluzione innovativa ai problemi ambientali dell’era moderna. La sua capacità di bonificare terreni inquinati attraverso il fitorisanamento non solo rappresenta un passo avanti nel recupero ambientale, ma apre anche la strada a nuovi usi del suolo precedentemente compromesso. Parallelamente, il suo ruolo nella produzione di bioplastiche ecologiche e nel settore tessile sottolinea la sua versatilità e il suo potenziale impatto positivo sull’ambiente.

Questo scenario ci invita a riflettere sull’importanza di riconsiderare le risorse naturali che abbiamo a disposizione, valutando il loro impiego in maniera innovativa e responsabile.